New York sembra decisa a pormi domande alle quali non ho mai avuto voglia di rispondere.
Sto camminando di buon passo sulla 6th Ave a Manhattan, non tanto perché abbia fretta di andare da qualche parte, ma per adeguarmi al ritmo della folla delle 5 pm, appena scesa dagli uffici di Midtown e diretta a casa o in qualche bar per l’happy hour.
“Excuse me, do you have a moment?”, mi ferma una ragazza. Effettivamente un momento ce l’ho, anzi non ho proprio niente da fare.
“Do you believe in God?”.
“Ehm… I… Boh!”, borbotto sorpresa.
Questa ragazza è molto carina e curata, rossetto fuxia, capelli neri raccolti, tacchi alti e giacca alla moda. Mi sembra più una redattrice di Vogue o Cosmopolitan, non certo il tipo che vuole catechizzarmi.
Mi spiega che fa parte di una congregazione che studia la Bibbia. Per esempio, lo sapevo che Dio è anche donna? E che la Prima Guerra Mondiale è descritta nell’Antico Testamento?
Quando, però, le dico che sono italiana si illumina e sorride contenta. Lavora in una multinazionale, proprio nel grattacielo sopra di noi, e molti dei suoi colleghi sono italiani. Adora sentirli parlare tra loro perché dice che la nostra lingua è così melodiosa. Ha anche imparato qualche frase:
“Ci vediamo dopo. Andiamo a fare l’aperitivo. Buon fine settimana”, ripete entusiasta.
Si offre di scrivermi qualche informazione sulla sua chiesa, se mi va di saperne di più. E’ stata così gentile e rispettosa che mi dispiace deluderla, così le lascio l’email.
Mentre ci salutiamo mi dice l’unica cosa in cui sono sicura di credere: “Everything happens for a reason”.
[ New York, 6th Avenue ]
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