New York Storie

Un giorno di pioggia a Dumbo

Se c’è una cosa che New York mi ha insegnato, fin dal primo giorno, è a cambiare idea.


La prima volta che ho visitato la città, qualche anno fa, all’inizio non mi era piaciuta. L’impatto era stato traumatico. Poi, però, me ne sono innamorata.

Quando ho visto la Freedom Tower l’ho trovata brutta. Poi l’ho osservata dalla cima dell’Empire State Building mentre un raggio di sole la colpiva e la accendeva come un faro ed è stata un’immagine che ricorderò sempre.
Non vedevo l’ora di vedere da vicino la Statua della Libertà. Quando sono arrivata ai suoi piedi, invece, non mi ha fatto alcun effetto.


Stamattina non vedevo l’ora di andare a Dumbo, un bellissimo quartiere di Brooklyn affacciato su Manhattan, per osservare il panorama dei ponti più belli della città – il Brooklyn Bridge e il Manhattan – sotto la luce calda d’autunno. Poi mi sarei fatta un bel giro dentro e fuori dalle gallerie d’arte di Water Street e Washington Street e, infine, magari mi sarei seduta in riva all’East River a mangiare un gelato e leggere un libro.


Mi alzo dal letto, sposto la tenda dalla finestra e piove. Il cielo è grigio e coperto da una nebbiolina fumosa. Decido di andare comunque, ma sono di pessimo umore.


Non solo piove, ma nemmeno come si deve. Una pioggerellina di gocce minuscole, come se qualcuno avesse acceso uno di quei vaporizzatori che trovi d’estate in spiaggia. Una pioggia-non pioggia che aprire l’ombrello ti sembra fin troppo, ma alla fine ti bagna i vestiti comunque. Non ho mai amato le mezze vie.


Quando arrivo all’East River, una nuvola di foschia avvolge i due ponti e Manhattan che, al di là del fiume, sembra galleggiare come un sogno che svanisce mentre ti svegli.


Il maltempo ha scoraggiato tanti e in giro non c’è quasi nessuno. Nemmeno a Pearl Street, dove solitamente coppie di neosposi e presunti influencer fanno la fila per scattare foto davanti a uno dei panorami più belli di New York.


Così scopro che, in realtà, questa Dumbo grigia e un po’ malinconica, forse mi piace di più.


Dalla terrazza al quinto piano del nuovo Time Out Market New York, un ex magazzino industriale ora pieno di bar e ristoranti gourmet, il panorama è ancora più affascinante.


Al primo piano dello stesso edificio c’è un museo che racconta la storia del quartiere. Dumbo (gli americani adorano gli acronimi: questo significa “Down Under the Manhattan Bridge Overpass”, mentre Soho “South of Houston Street, Nolita “North of Little Italy”, e così via…) ha cambiato pelle mille volte.

Nell’800 era abitato dalla prima comunità di afroamericani liberi d’America. Poi è stato invaso dall’immigrazione dall’Europa, in particolare irlandesi, inglesi, tedeschi, italiani e polacchi.

Era un sobborgo industriale con grandi fabbriche squadrate in mattoni rossi, che oggi invece ospitano gallerie d’arte, sedi di start up tecnologiche e ristoranti ricercati.


Nonostante creatività e innovazione caratterizzino il quartiere al giorno d’oggi, molti edifici sono rimasti e nelle sue strade si può ancora immaginare quella vecchia Brooklyn di marinai, taverne e fabbriche che sputano fumo dai camini.

[ New York, Brooklyn, Dumbo ]

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