New York Storie

Halloween a New york

Adoro le persone che cambiano programma. Anche perché molto spesso la prima a farlo sono io.


La sera di Halloween avevo pianificato con un paio di amici di andare a vedere la famosa parata di Halloween del Greenwich Village. Arriviamo con un’ora di anticipo, ma c’è già una folla spaventosa e per vedere qualcosa dovremmo sgomitare e cercare di infilarci tra un’ascella e l’altra.

Così decidiamo di fregarcene e gironzolare semplicemente per il Village, passando di bar in bar, guardando la moltitudine di gente mascherata nelle maniere più assurde. I newyorkesi prendono Halloween molto sul serio.

Case e negozi sono addobbati da settimane con zucche, teschi, gatti neri e lapidi. Tutte le pasticcerie fanno torte e cupcake a tema. Già dal primo pomeriggio squadre di bambini giravano compatte per le strade. Pochi fantasmini, a dire il vero, ma tante principessine e Avengers.


La sera al Village è il momento degli adulti che fanno festa fino a notte fonda tra party e locali. Le strade sono invase.


Alcuni hanno costumi elaboratissimi che sembrano appena usciti da un film e probabilmente hanno richiesto mesi di preparazione, altri pigramente hanno scelto di mettersi il completo da ciclista della domenica. La maschera più gettonata è decisamente Joker.


Per me, Skylar e Jessica è il primo Halloween a New York. Brian, invece, newyorkese innamorato del Village, ci fa da guida. Troviamo un bel tavolo esterno al Caffè Reggio, che si pregia di aver portato per primo il cappuccino a New York, ma ci serve una bottiglia di Montepulciano da 32 dollari, che si rivela non essere altro che Tavernello.

Non ho il cuore di dire ai miei compagni americani e canadesi che è un vino di merda. Da qui però possiamo vedere il fiume di gente passarci esattamente davanti. Meglio della parata ufficiale.


Skylar è il più eccitato di tutti. Sembra un bambino in un negozio di giocattoli. “Ma qui Halloween è una scusa per andare in giro vestite da zoccole”, ride beato mentre un gruppo di sexy-streghe passa davanti al nostro tavolo. “Da noi in questa stagione fa meno 10, le ragazze possono al massimo travestirsi da big foot!”.


Skylar viene dal Canada e ha vissuto quasi tutta la vita senza mai spostarsi dal bed and breakfast di famiglia, in una località isolata dalle parti di Calgary. Un panorama meraviglioso, ma non molta vita, lassù.


“Noi eravamo quelli che stavano sempre fermi – mi racconta – I miei genitori e le mie sorelle non si sono mai mossi da Calgary. I viaggiatori li vedevamo andare e venire dal nostro albergo. Penso di aver preso il virus del viaggiatore da qualcuno di loro”.

Qualche anno fa ha iniziato a viaggiare da solo ed è diventato qualcosa di cui non può più fare a meno. Adora gli aeroporti. “La mia famiglia non capisce perché lo faccio, non ne vede l’esigenza, si preoccupa”.


Non so come ma finiamo su argomenti a metà tra il funereo e l’ideologico. Forse colpa dell’abbondante Tavernello. Brian, che vive da sempre qui, ma ha genitori turchi, ci dice: “A Istanbul c’è un detto: i cimiteri sono pieni di gente che non ha sviluppato le sue potenzialità”. E aggiunge: “Dovremmo tutti chiederci: se avessi solo un anno di vita, cosa farei?”


E non rispondiamo (o forse lo stiamo già facendo) e semplicemente brindiamo con un altro bicchiere di Tavernello.

[ New York, Greenwich Village ]

You Might Also Like

No Comments

Leave a Reply